Cosa fare a scuola: consigli per gli insegnanti

Cosa fare a scuola: consigli per gli insegnanti

Il Mutismo Selettivo ha un esordio precoce: in genere si presenta all’inserimento nella scuola dell’infanzia o nel primo periodo della scolarizzazione, poiché nell’ambiente scolastico aumentano le aspettative e la pressione affinché il bambino parli.

È importante considerare che nel primo mese di scuola dell’infanzia o primaria i bambini possono essere timidi o riluttanti a parlare. È necessario aspettare che questo periodo iniziale sia passato, prima di ipotizzare la presenza del Mutismo Selettivo. Capita però che gli insegnanti tardino a segnalare ai genitori che il bambino a scuola non parla, scambiando il Mutismo Selettivo per semplice timidezza.

Se dopo il primo mese di scuola il bambino non ha mai parlato, segnalatelo ai genitori.

È importante che gli insegnanti osservino attentamente questi bambini silenziosi e dedichino loro particolare attenzione in quanto, non riuscendo a parlare, essi non riescono ad esprimere neanche i bisogni primari, come quello di andare al bagno o di non sentirsi bene. Il Mutismo Selettivo a volte impedisce ai bambini di emettere qualsiasi tipo di suono, anche un lamento o il pianto, per cui è importante che l’insegnante sia attenta ai segnali non verbali che provengono dal bambino.

A volte è proprio grazie agli insegnanti che i genitori prendono coscienza dell’esistenza di questo disturbo; infatti il bambino selettivamente muto a casa è aperto e spigliato, parla con i genitori e i fratelli senza problemi. Può capitare che i genitori non accettino l’idea che il loro bambino “abbia qualcosa che non va”, dato che nell’ambito famigliare il figlio parla tranquillamente. È importante che l’insegnante faccia presente ai genitori le difficoltà del bambino, consigliando loro di chiedere il parere di uno specialista.

 

Come appaiono i bambini con Mutismo Selettivo

Alcuni bambini con Mutismo Selettivo rimangono immobili, non interagiscono, non iniziano un gioco e a volte non rispondono agli inviti al gioco dei compagni. Anche il linguaggio del corpo può essere impacciato, lo sguardo sfuggente e assente, il viso inespressivo. Sembra che ignorino gli altri, mentre in realtà sono così ansiosi e impauriti da essere letteralmente bloccati, tanto da non riuscire a rispondere. È come se si sentissero su un palcoscenico, al centro dell’attenzione ~ proprio quello che vogliono evitare ~ e questo fa aumentare la loro ansia. Altri bambini invece sono meno rigidi e utilizzano forme di comunicazione alternativa; ad esempio usano la mimica o i gesti per comunicare con i loro interlocutori.

I bambini con Mutismo Selettivo sono in genere molto sensibili sia alle percezioni sensoriali (rumori, urli, tono della voce molto alto) che al giudizio degli altri: se commettono un errore, possono preoccuparsene tutta la notte; se l’insegnante alza la voce, si chiedono se la colpa è loro. Per questi bambini può costituire un problema non solo il far sentire la propria voce, ma anche il fatto che le persone li VEDANO parlare; infatti, se riescono a bisbigliare qualcosa a qualcuno spesso si coprono la bocca con la mano. Sono bambini molto pignoli e perfezionisti; sono anche abitudinari, perché le novità destabilizzano le loro sicurezze e provocano loro ansia. Per questo motivo i cambiamenti devono essere graduali. Può spesso accadere che in classe restino muti, mentre appena fuori dall’aula o dalla scuola, inizino a parlare con i genitori e a volte anche con qualche compagno.

 

Consigli per gli insegnanti

Il primo passo è quello di alleviare l’ansia in classe, creando un clima disteso e rilassato in cui il bambino si senta più possibile a proprio agio.

Non considerare oppositivo il comportamento del bambino con Mutismo Selettivo: non c’è intenzionalità nel non parlare anzi al contrario il bambino vorrebbe riuscire, ma l’ansia gli impedisce di farlo, bloccandogli le parole in gola.

Non mettere sotto pressione il bambino e non ingannarlo con promesse o ricatti perché parli. Rispettare i suoi tempi.

Concedere inizialmente al bambino di utilizzare il linguaggio non verbale. Bisogna graduare le aspettative, fissando obiettivi intermedi. Il bambino non uscirà dal Mutismo Selettivo tutto d’un tratto, serviranno piccoli passi e probabilmente molto tempo.

Permettere al bambino di indicare, di usare lo sguardo, l’alzata di mano o di scrivere su un foglio le risposte.

Nell’attività del circle-time, non fare domande a tutti, ma lasciare la libertà di intervenire o meno. Evitare gli interventi a turno, perché nei bambini con Mutismo Selettivo l’ansia aumenta quando il loro turno si avvicina.

Far sedere il bambino vicino al compagno preferito non di fronte all’insegnante, lontano dalla porta.

Fare attenzione alle prese in giro: il bambino non deve essere etichettato come “bambino che non parla”. Spiegare alla classe, concordando prima con il bambino e in sua presenza, che tutti abbiamo paura di qualcosa, e che il compagno sa parlare ma a volte non riesce a far uscire le parole. In questa occasione, ogni compagno di classe avrà lo spazio per parlare delle proprie paure.

Si può migliorare l’autostima del bambino affidandogli piccoli compiti e incarichi alla sua portata e favorendo l’attività in coppia o in gruppi di 3 componenti, possibilmente con compagni con cui il bambino si sente a proprio agio.

Alcuni bambini con Mutismo Selettivo non amano produrre rumori o suoni, anche meccanici; è utile abituarli a non temere di produrre suoni attraverso il gioco. Sempre attraverso il gioco, possono essere incoraggiati a fare rumore e a produrre suoni con la bocca (risate, soffi, fischi). Quelli che per noi sono gesti scontati, per loro sono grandi passi che costituiscono l’inizio di una comunicazione verbale.

Non fare domande dirette al bambino. Nel caso la risposta possa essere un “sì” o un “no”, permettergli di rispondere con un gesto del capo per farlo sentire coinvolto nella conversazione di classe.

Tenere presente che se il bambino parla una volta, non è detto che poi parlerà sempre. È anche importante controllare le reazioni quando il bambino pronuncia qualche parola: non bisogna mostrare eccessivo entusiasmo per l’accaduto (“Maestra, X ha parlato!!!”). È probabile che il bambino inizi a parlare con un suo pari piuttosto che con l’insegnante; in questo caso evitate di dire che avete sentito la sua voce.

Uno dei problemi per gli insegnanti è la valutazione: si possono utilizzare compiti scritti o chiedere ai genitori di effettuare a casa delle registrazioni mentre il bambino ripete la lezione o legge a voce alta. Si potrebbe dare la consegna a tutti gli alunni e poi ascoltare insieme tutte le registrazioni in classe. Tenere presente che le valutazioni creano tensione ai bambini con Mutismo Selettivo, in alcuni casi anche quelle scritte. Altri consigli per gli insegnanti:

  • Ampliare le attività didattiche che prevedono l’utilizzo di materiale alternativo alla parola (disegni, foto, scrittura, musica);
  • prevedere solo verifiche programmate;
  • basare la valutazione sugli elaborati scritti senza abbassare i voti perché manca l’orale;
  • concordare l’uso delle registrazioni audio come verifica orale;
  • evitare la lettura ad alta voce in pubblico;
  • prevedere domande di verifica orale che possano ricevere risposte chiuse (sì/no o una parola);
  • concordare interrogazioni in piccolo gruppo;
  • concordare la presenza dei genitori in aula all’inizio e poco prima della fine delle attività scolastiche;
  • tener conto che i bambini con Mutismo Selettivo non riescono a chiedere spiegazioni ulteriori in classe o a dire se sono rimasti indietro nel dettato, avere l’accortezza di capire se sono a pari con gli altri alunni;
  • tenere presente che ai bambini con Mutismo Selettivo serve una relazione privilegiata, non un sostegno.

 

Da una scuola all’altra

Consigli per facilitare il passaggio tra scuole di diverso ordine e grado.

Una delle tensioni maggiori tra genitori di bambini e ragazzi selettivamente muti è come organizzare il passaggio da una scuola all’altra a seguito della conclusione del percorso compiuto, quindi passare dalla scuola elementare (primaria) alle medie (secondaria) e dalla medie alle superiori.

Qui di seguito A.I.Mu.Se. cerca di fornire un orientamento utile nella maggioranza dei casi.

Andare a parlare con il dirigente della scuola in cui il nostro bambino/ragazzo sarà iscritto PRIMA che le nuove classi siano formate.

Spiegare con pazienza e chiarezza come stanno le cose e valutare/definire insieme al dirigente e a chi questi vorrà coinvolgere (coordinatore ecc.) il tipo di classe più idonea ad accogliere il bambino/ragazzo.

Per orientare la valutazione proprio del tipo di classe occorre tenere presenti due parametri precisi: è utile inserire il bambino in una classe completamente nuova, senza nessun compagno conosciuto, se il disturbo è mantenuto attivo soprattutto dalla VERGOGNA (questo spesso succede nel passaggio alle medie o alle superiori); è invece meglio che il bambino ritrovi alcuni compagni fidati nella classe successiva, se la chiusura è dovuta soprattutto alla PAURA (questo succede spesso nel passaggio tra scuola dell’infanzia ed elementare)

Parlare con i docenti di quella classe per condividere con loro le informazioni base relative al mutismo selettivo (cosa fare a scuola, video ecc.) così da definire in dettaglio quali modalità NON verbali e strategiche applicare con TUTTI gli alunni della classe, al fine di rendere sin da subito la condizione e il clima d’aula accogliente, facilitante e rilassato e senza che vi siano distinzioni tra gli alunni (nel rispetto del concetto di inclusione).

Se il ragazzo NON vuole che si sappia del suo disturbo nella nuova scuola, dare a lui fiducia ed invogliarlo ad aprirsi da subito (in tal caso condividere anche questa volontà del ragazzo con i nuovi insegnanti che, a maggior ragione saranno attenti trattarlo con la sensibilità che avranno per tutti).

Concordare che nessuno degli insegnanti e altre figure faranno alcun rifermento o accenno al mutismo selettivo né classe e né con il bambino/ragazzo (o in sua presenza), e che il primo mese di scuola sarà perciò di osservazione.

Avviare sin da subito un rapporto di reciproca cooperazione scuola-famiglia (anche con l’eventuale specialista) così da creare una sinergia e una comunicazione tra adulti efficace e diretta al medesimo obiettivo.